sabato 2 luglio 2016

La riforma che ci riformerà (inabili ad agire la democrazia)


Ingrato destino della Costituzione della Repubblica Italiana del 1948. Innumerevoli cittadini non l'hanno conosciuta dopo molte ore di educazione civica passate a portare avanti il programma di storia in perenne debito di tempo. Ai più alti livelli in molti si sono dati da fare per ingessarla se non disfarla: certo neutralizzarla. La Corte costituzionale diventa operativa solo nel 1955. Il Consiglio superiore della magistratura dell'Italia liberata ha una legge nel 1958. «La legge del 1958 darà ragione alla Cassazione, rappresentata nel consiglio da due membri di diritto (il presidente della Corte e il procuratore generale) e da sei membri elettivi, con un numero di componenti quindi pari a quelli di tutti i giudici di merito (quattro di Tribunale e altrettanti di Corte d'Appello)» (“I corpi separati” di Giangiulio Ambrosini in “L'Italia contemporanea 1945-1975”). Fino all'insediamento della Consulta è la Corte di Cassazione che dichiara «soltanto programmatiche molte norme costituzionali per privarle di efficacia immediata, a far salve le norme del codice penale e di polizia, a mantenere in vita interpretazioni retrive della legislazione fascista, ad annullare le condanne dei maggiori responsabili del regime fascista o ad elargire ad essi generose riduzioni di pena» (ivi). Dopo il primo referendum del 1946 (scegliere tra Monarchia e Repubblica) si aspetterà fino al 1974 per realizzare il referendum sull'abrogazione della legge Fortuna-Baslini (divorzio). Le Regioni previste dal Titolo V Cost sono apparse come Regioni a statuto ordinario solo nel 1970, mentre quelle a statuto speciale erano state istituite immediatamente (il Friuli Venezia Giulia nel 1963). Ciò ha significato innumerevoli proroghe governative nella fissazione delle elezioni dei consigli regionali (nonostante la Disposizione transitoria e finale VIII Cost). In definitiva una Costituzione ingessata più che applicata.
Nel tempo sono state attuate modifiche e integrazioni marginali fino alla riforma del Titolo V che cambia profondamente l'ordinamento istituzionale della Repubblica.
Ma anche le ingessature hanno fatto il loro tempo. Grazie all'UnioneEuropea siamo passati alle azioni indirette sul dettato costituzionale del 1948. La modifica dell'art. 81 Cost rifluita anche nell'art. 97 Cost stravolge completamente la Costituzione (economica) del 1948.
Ma oramai il tempo stringe:«Dove i corpi (separati dello Stato: nde) possono, senza controlli istituzionali e democratici, collegarsi con centri di potere diversi da quelli racchiusi nelle maggioranza governative, ciò significa che la loro separazione è funzionale a quei centri di potere, i quali in tanto consentono il permanere di strutture democratiche, in quanto sono in grado di gestire realmente il potere, al di fuori di occasionali e precarie composizioni governative.» (ivi)
Intanto il governo vara una riforma costituzionale che modifica il Senato e il suo ruolo azzerando il bicameralismo perfetto della Costituzione del 1948. Inoltre il primo ministro vara una riforma elettorale che, anche questa, determina uno squilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo, spostando l'asse della politica dal Parlamento al Governo, incurante di essere messo in parallelo a Mussolini. 
Perché? 
Si può forse trovare una risposta nei concetti più volte espressi dall'attuale ministro della giustizia Orlando. Secondo il ministro in carica è la struttura attuale dei partiti a rendere necessaria la riforma. I partiti hanno al loro interno spinte che li portano in direzioni non univoche. Ciò comporta una perdita di stabilità interna che si riflette sulla stabilità dei governi nella produzione e attuazione delle leggi. Secondo il ministro «Dobbiamo aprire il Pd a interi pezzi di società, ceti produttivi, intellettuali, che sono essenziali per una riscossa civica. Questo però implica far saltare un tappo che c'è nel nostro partito: il tappo di un correntismo esasperato.» Un esempio si è avuto in occasione dell'iter legislativo dell'italicum quando il primo ministro ha deciso di sostituire 10 deputati dalla Commissione affari costituzionali che “remavano contro”. 
E' arrivato il momento di mettere mano alla Costituzione del 1948 e cambiarla in tutte le altre parti vitali che non possono essere stravolte indirettamente.
Si sta vivendo una “crisi dello Stato”. Lelio Basso nel suo intervento al convegno “La riforma dello Stato” promosso dall' Istituto Gramsci nel 1968 definì con chiarezza un tipo particolare di “crisi dello Stato”. Se «si vuole accennare ai problemi più di fondo - a un processo di rafforzamento delle spinte autoritarie, allo svuotamento degli istituti rappresentativi e della democrazia in generale, alla tendenza a fare dello Stato italiano una cosa molto diversa da quella che avrebbe dovuto essere secondo il disegno dei costituenti -, allora l’espressione crisi dello Stato va precisata con molta chiarezza. Si tratta in questo senso non di una crisi momentanea dello Stato democratico che può essere superata, non della deviazione dal modello costituzionale a cui si può ritornare, ma della crisi di trapasso a un altro tipo di Stato, lo Stato oligarchico del neocapitalismo». 
Questa riforma ci farà inabili ad agire la democrazia, però potremo continuare a subirla.

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